Castellammare di Stabia


Castellammare di Stabia è situata nella parte sud della città metropolitana di Napoli, nel territorio compreso tra la fine della zona vesuviana e l’inizio della penisola sorrentinaPer la sua particolare posizione geografica offre quindi condizioni climatiche che favoriscono il clima mite e temperato, tipico delle zone marine e collinari: nei mesi più caldi infatti la temperatura media è di 25 °C, mentre in quelli più freddi di 16 °C 

L’eruzione del ’79

Il 25 agosto del 79 d.C. un’inaspettata e violenta eruzione del Vesuvio fece scomparire sotto una fitta coltre di cenere, lapilli e pomici, insieme a Pompei ed Ercolano, la città di Stabiae. A causa dei frequenti terremoti che avevano preceduto l’eruzione, molte ville mostravano segni di cedimento o crepe e quindi si trovavano in fase di ristrutturazione: fu questo il motivo per cui a Stabiae ci fu un numero limitato di vittime Tra le vittime illustri fu anche Plinio il Vecchio, che giunto a Stabiae per osservare più da vicino l’eruzione, morì molto probabilmente avvelenato dai gas tossici sulla spiaggia





Il Duomo

La chiesa principale è la Concattedrale di Santissima Maria Assunta e San Catello, i cui lavori di costruzione risalgono al 1587, mentre la solenne consacrazione è avvenuta solamente nel 1893, anche se già utilizzata dal 1643 basilica a forma di croce latina, è divisa in tre navate, una centrale e due laterali sulle quali si aprono cinque cappelle, tra cui quella dedicata al patrono stabiese San Catello; fu proprio durante la costruzione di questa cappella, nel 1875, che vennero ritrovati reperti archeologici e strutture riconducibili a necropoli, strade, case e botteghe risalenti all’epoca romana. Tra le opere principali conservate al suo interno la Deposizione e la Natività dello Spagnoletto, un sarcofago paleocristiano, utilizzato come altare nella cappella di San Catello, una statua di San Michele arcangelo, di epoca medioevale e precedentemente ospitata nel santuario di San Michele al Faito, oltre a dipinti di Domenico Morelli, Francesco De Nicola, Angelo Mozzillo, Giacinto Diano, Giuseppe Bonito, Nunzio Rossi e Vincenzo Paliotti. Durante il periodo natalizio viene
allestito il presepe del Duomo con circa 70 pastori dai 90 ai 150 centimetri, risalenti al Seicento, Settecento e ‘Ottocento.

La Reggia e il Museo

La data precisa della costruzione della Reggia di Quisisana è ancora tutt’oggi avvolta nel mistero: sicuramente nel 1268 già esisteva sulla collina di Quisisana la casa di re Carlo I d’Angiò, ma poiché gli Angioini avevano conquistato il Regno di Napoli solo due anni prima è ipotizzabile che possa risalire agli Svevi. In posizione dominante sulla città, la reggia è formata da tre corpi di fabbrica: il primo, su due livelli, è quello che permette l’accesso alla struttura tramite un ampio portale. Il primo piano era il piano nobile che si affacciava direttamente all’interno del parco. Il secondo corpo è ubicato perpendicolarmente rispetto all’ingresso, sul ciglio della collina, anch’esso su due livelli con l’aggiunta del sottotetto. Infine la terza parte scende lungo il pendio della collina ed è caratterizzata dalla presenza di un portico. All’interno della reggia è presente un giardino all’italiana.

Nel corso della sua storia numerosi personalità abitarono la reggia da Giuseppe Bonaparte a Gioacchino Murat ai Borbone: anche Carolina Bonaparte, sorella di Napoleone, vi soggiornò a lungo. Con l’unità d’Italia, la tenuta passò tra i Beni Riservati della Corona di Casa Savoia, trasferita poi al demanio dello Stato. Nel 1879 fu acquistata dal comune e data in concessione lo stesso anno a privati che la trasformarono in un albergo, chiamato Royal Hotel Quisisana. Alla fine degli anni sessanta, dopo che per brevissimo periodo fu adibita ad ospedale, la reggia venne abbandonata. Gravi danni si aggiunsero a quelli causati dall’incuria e da infiltrazioni d’acqua, a seguito del Terremoto dell’Irpinia del 1980, provocando il crollo parziale di alcune mura, solai e scale: intanto ornamenti e stucchi vanno completamente persi. Ridotto a uno stato di rudere, dopo una serie accurata di studi iniziano i lavori di restauro che terminano nel 2008. La reggia è in parte utilizzata per la scuola di restauro, in parte adibita a museo per l’esposizione dei reperti provenienti dagli scavi di Stabiae.




Archeologia

L'’odierna Castellammare di Stabia, fu una delle mete preferite dai patrizi romani, tanto che il suo territorio fu costellato di numerose ville residenziali. Scoperta nel 1749 dagli scavatori borbonici, Stabiae, sin dall’inizio, si contraddistinse come luogo di eccellenza: l’esplorazione della città però durò solamente pochi anni, tanto che già nel 1782 tutte le attività di scavo vennero spostate a Pompei, così che ville, case e strade ritornarono sotto terra mentre affreschi, statue e suppellettili preziose vennero raccolte nel Museo Borbonico. Dopo l’abbandono, nel 1800, vi furono vari rinvenimenti che mantennero acceso il ricordo di Stabiae: però fu soltanto nel 1950 che due ville, villa San Marco e villa Arianna, furono riportate parzialmente alla luce dal preside Libero D’Orsi. Le due ville sono visitabili tutti i giorni e si possono apprezzare le capacità progettuali degli architetti romani che le realizzarono con ardite soluzioni tecniche e inserendo perfettamente le ville nel paesaggio. Oggi il sito di Stabiae è al centro di un grande progetto internazionale che prevede la creazione di un parco archeologico insieme all’università del Maryland, tramite la fondazione Restoring Ancient Stabiae: uno dei passi fondamentali della fondazione, insieme alla Sopraintendenza Archeologica di Pompei, è stata una mostra, chiamata Otium Ludens, dal dicembre 2007 al marzo 2008, presso il Museo Statale dell’Ermitage di San Pietroburgo, che ha raccolto circa 200 reperti tra suppellettili e affreschi provenienti da Stabiae. Questa mostra in futuro continuerà in altre parti del mondo.

La Grotta di San Biagio è un antico tempio cristiano, ricavato nella roccia di tufo alle pendici della collina di Varano: molto probabilmente in origine era proprio una cava creata dagli antichi romani per costruire le loro ville tramite l’estrazione di blocchi di tufo. In principio vi fu un tempio romano dedicato a Mitra, mentre nei primi secoli della cristianità divenne una catacomba. Fu soltanto dal VI secolo che divenne chiesa, dedicata ai Santi Giasone e Mauro, sede di una comunità benedettina, dipendente dal monastero di San Renato di Sorrento. All’interno vi sono affreschi di notevoli proporzioni, splendidamente conservati, eseguiti tra il VI e XIV secolo: la grotta è chiusa al pubblico. Al suo interno è stata ritrovata una statua raffigurante forse San Biagio che oggi è conservata al Museo Diocesano di Castellammare di Stabia.


I monumenti

La Cassarmonica

La cassarmonica, o padiglione musicale, venne realizzata dalla ditta Minieri di Napoli, su progetto dell’architetto Eugenio Cosenza. Inaugurata il 28 aprile 1900, solo 9 anni dopo, a causa di una violenta libecciata, la cassarmonica crollò. Per la sua ricostruzione venne chiamato per l’ennesima volta Eugenio Cosenza, che questa volta ne abbassò l’altezza, creò in cima uno sfiatatoio mentre gli archi assunsero una forma arabescata: la nuova struttura fu consegnata al comune di Castellammare di Stabia il 4 agosto 1911. Negli anni ha subito diversi restauri sia negli anni novanta che nel 2004. La cassarmonica ospita vari concerti oltre che manifestazioni.




Monumento ai caduti

Realizzato dallo scultore Giuseppe Renda: tutto era pronto per l’inaugurazione, il 28 ottobre 1928 quando il vescovo dell’epoca rifiutò di parteciparvi poiché sul monumento apparivano delle immagini che ritraevano uomini nudi. Il monumento rimase coperto per circa tre anni poiché sia il vescovo, sia lo scultore (che non voleva modificare la sua opera) si rifiutarono di trovare un punto di incontro. La situazione cambiò soltanto quando il presidente dell’azione cattolica convinse Giuseppe Renda a modificare le sculture: il monumento venne finalmente inaugurato nel 1931, alla presenza di tutte le autorità. L’opera rappresenta la Vittoria Alata. Ogni 25 aprile viene svolta una solenne cerimonia ai piedi della statua per ricordare la liberazione dell’Italia.


 Lo scoglio di Rovigliano

Formato da roccia calcarea e ricoperta da depositi eruttivi data la vicinanza del Vesuvio, lo scoglio di Rovigliano si trova in mare, proprio di fronte alla foce del fiume Sarno, al confine tra Castellammare e Torre Annunziata. Il nome Rovigliano deriverebbe dal cognome di una famiglia romana, la Rubellia, che vi costruì una villa d’otium, costruzione tipica della zona. Prima dell’avvento dei romani lo scoglio si pensa sia stato emporio fenicio o tempio dedicato ad Ercole, difatti allora era chiamato Petra Herculis. Nel 938 d.C. vi si edificò un convento, mentre nel 1564, fu trasformato in fortezza contro le incursioni dei pirati turchi.